Cima Lepri

Una classica della Laga.
Da Macchie Piane a Cima Lepri, una lunga bella, area e panoramica escursione che aggira dorsali e fossi del Pizzo di Sevo; sulle tracce di Annibale, un percorso che ci viene consegnato direttamente dalla leggenda e che oggi è il battesimo del laghismo per un fratello assetato di montagna.


Il battesimo della Laga per mio fratello, quale migliore passeggiata se non la più classica delle salite da Macchie Piane a Cima Lepri? Giornata settembrina luminosa ma fresca soprattutto in alto, sulla cresta dal Vado di Annibale alla vetta. Ce la prendiamo comoda, partiamo da Macchie Piane che sono le 9.10, superiamo lo steccato della nuova recinsione pastorale, del tutto inutile dal momento che cinquanta metri più in là non esiste ombra di steccato; il sentiero è tracciato nella mente per le tante volte che ci siamo stati io e Marina e sulla larga piana attraversata da una profonda traccia di 4x4, Il Sevo a sentinella si alza repentino sulla sinistra, gli orizzonti ad Ovest sono offuscati da una insistente coltre di umidità. Saliti sul crinale in cima alla piana giriamo a sinistra sotto la fila di faggi, riferimento immutato da sempre per tutti gli escursionisti; la traccia è evidente, sparute sono le bandierine sugli alberi e dopo un centinaio di metri prende a salire repentina per un breve tratto fino a raggiungere quello che viene chiamato il tracciolino di Annibale, un sentiero a tratti largo in altri strettissimo che aggira il Sevo e che gode di una fama leggendaria che vuole il condottiero africano, di ritorno dalla battaglia sul Trasimeno attraversare gli Appennini nel 200 A.C. circa sul valico di Forca che prenderà poi da lui il nome “Guado di Annibale”. Il tracciolino sale con pendenza quasi costante, solo in qualche breve tratto dove si inerpica un po’ di più, in sostanza aggira Pizzo di Sevo superando diversi fossi che abbiamo trovato ovviamente asciuttissimi; scorriamo sopra la piana di Amatrice che con le sue tante ferite è un cantiere a cielo aperto anche da quassù. Dopo il primo acuto tornante, zona Mogliette quota 1700m. (+50 min.) appare Cima Lepri, per la cresta e la sella dovremo aspettare ancora, sono coperte dagli spigoli che scendono dalla vetta del Sevo; inevitabile non iniziare la litania delle vette, da quelle vicine alle più lontane appena percettibili, per descrivere il territorio a mio Fratello e alla compagna, davvero ormai somiglio ad una campana rotta che emette un solo rintocco!!! Vari traversi a tagliare i versanti, tra l’uno e l’altro superiamo i successivi due fossi e dopo l’ultimo ci ritroviamo finalmente davanti il profilo della linea di cresta dal Vado di Annibale fin sulla cima del Lepri; il vado a dire il vero è ancora una ampia sella indecifrabile la raggiungiamo dopo una lunga salita all’interno di tracce incassate e scavate dallo scorrere dell’acqua, intorno praterie ormai arse dalla stagione inoltrata. Sul vado (+1,10 ore) con mio fratello ci adoperiamo a risistemare la palina dei sentieri miseramente a terra, serve a poco, il primo vento forte la farà crollare di nuovo ma facciamo del nostro meglio accatastando un bel po’ di pietre. Giorgia, la compagna di mio fratello, nel frattempo non vede tanto di buon occhio quel profilo che rimane da salire, in effetti e come sempre sembra interminabile, per di più sul filo di cresta si è anche decisamente sbattuti da un vento fresco, per cui viaggiamo sotto vento fin tanto che si può. Tra salti più ripidi e spianate, calchiamo prevalentemente sui pratoni, arriviamo in cima; questo tratto della salita alla fine risulta sempre più breve e facile da fare di quello che sembrava dal vado. La croce si fa vedere come sempre all’ultimo momento, gli ultimi duecento metri mio fratello allunga, testa bassa, li affronta come se non ci fosse un domani, divertente, mi rivedo nelle mie prime esperienze. In vetta (+1,20 ore) il panorama è come sempre totale e meraviglioso, purtroppo è un po’ rovinato dalla nebbia e dalle nuvole che corrono veloci. Si allunga a perdita d’occhio sulla lunga cresta fino al Moscio e poi al Gorzano, il lago di Campotosto è confuso nelle nuvole ma si legge bene, i monti Gemelli a Nord Est sono vicini ma non si arriva a scorgere oltre; non è la migliore delle fotografie che la Laga può riservare ma mio fratello e Giorgia possono comunque ritenersi soddisfatti. Ci appollaiamo sotto la croce sul lato Ovest della montagna, al riparo dal vento, tiriamo fuori vettovaglie e ci “leggiamo” i dettagli della valle sottostante, i borghi di Amatrice, i comprensori con le casette, le tante rovine che si intuiscono, le gru segno di lenta ripartenza, il lago di Scandarello, il profilo del Pizzone e quello del Terminillo a dire il vero un po’ nascosto tra le nuvole. Dopo una mezz’oretta ripartiamo, per la stessa via della salita, la sfida di salire al Sevo che lancio a mio fratello e quella di farci raggiungere sull’ultimo tornante prima del traverso per Macchie Piane non viene raccolta, tentenna ma non la raccoglie. La discesa è stata ovviamente più veloce, impieghiamo (+2,15 ore) per raggiungere Macchie Piane, io e Marina decidiamo l’avventura di cercare chi possa essere in grado di metterci ancora a tavola, Luca e Giorgia, in moto, se la prendono calma e preferiscono continuare un giro turistico passando per Castelluccio; devono arrivare oltre Ancona, non li invidio, e per giunta in moto. Per entrambi sarà un piacevole rientro, noi riusciamo a farci accogliere dalle Mole, loro arriveranno che è notte ma riusciranno a procurarsi qualche formaggio in qualcuno dei posticini che conoscono ormai a memoria. Una bella lunga passeggiata, (più di 14 km e 6,30 ore) magari priva di emozioni particolari ma sicuramente molto aerea e panoramica. Aperto il capitolo Laga per Luca, il prossimo sarà dentro qualche fosso e qualche ripido versante, insomma la Laga quella vera, magari in quell’occasione vedrò anche il suo entusiasmo, quello vero.